Il Centro Nazionale Agritech: il futuro dell’agrifood italiano

Nel futuro dell’agrifood italiano ci saranno i risultati delle ricerche del Centro Nazionale Agritech, il raggruppamento di università e centri di ricerca italiani pubblici e privati con sede a Napoli, varato con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, che entro tre anni dovrà spendere 320 milioni di euro: soprattutto reclutando risorse umane e aggiornando i laboratori di ricerca. L’ambizione è quella di traghettare a medio termine l’agricoltura e il mondo della produzione agroalimentare del Paese in un futuro di sostenibilità economica, ambientale e sociale, affrontando le sfide poste dall’Unione Europea con il Green Deal e il Farm to Fork.

E da quanto esposto a Salerno nella mattinata di ieri, 18 settembre 2023, durante il convegno “Il Centro Nazionale Agritech: le nuove soluzioni tecnologiche per l’agricoltura del futuro” – tenutosi nel quadro di Agrifood Future – sembra proprio che la pesante macchina della ricerca si sia messa in moto, dispiegando tutta la sua capacità di analizzare l’esistente per formulare soluzioni. Al punto che, prossimamente, per ogni singolo filone di ricerca, saranno lanciati degli appuntamenti di aggiornamento sulle ricerche in corso per divulgare gli agricoltori i primi risultati raggiunti.

Ha condotto i lavori Cristiano Spadoni, di Image Line e AgroNotizie®, ricordando all’esordio le sfide che attendono il mondo agricolo italiano: la transizione digitale ed ecologica, la formazione, l’innovazione varietale. Il tutto con al centro la variabile che forse oggi preoccupa di più: il cambiamento climatico e le sue conseguenze, con la necessità di aumentare la resilienza degli agroecosistemi. Un’operazione di vasta portata, una vera e propria nuova rivoluzione verde, per la quale è necessario un importante investimento.

Danilo Ercolini, direttore Centro Nazionale Agritech, ha introdotto i lavori ricordando i cinque obiettivi ed i nove macroprogetti strategici del Centro, modellati su quanto prescritto dal Pnrr. Le ricerche puntano a rafforzare l’agrifood italiano sotto cinque profili, che ne rappresentano gli obiettivi:

– la resilienza al cambiamento climatico, declinata anche come opportunità per migliorare la produttività delle colture;
– il basso impatto, mediante la riduzione dell’impatto ambientale dell’agricoltura e diminuendo rifiuti;
– la circolarità, ovvero la messa a punto di strategie per l’economia circolare in agricoltura;
– il recupero delle aree marginali mediante strategie di sviluppo sostenibile;
– la tracciabilità, intesa come promozione della sicurezza, della tracciabilità e tipicità delle filiere agroalimentari.

Per raggiungere questi obiettivi le ricerche sono state suddivise in nove filoni diversi, gli spoke:

1. Risorse genetiche vegetali, animali e microbiche e adattamento ai cambiamenti climatici;
2. Crop Health: un approccio sistemico multidisciplinare per ridurre l’uso di prodotti agrochimici;
3. Tecnologie abilitanti e strategie sostenibili per la gestione intelligente dei sistemi agricoli e del loro impatto ambientale;
4. Sistemi agricoli e forestali multifunzionali e resilienti per la mitigazione dei rischi legati al cambiamento climatico;
5. Produttività sostenibile e mitigazione dell’impatto ambientale nei sistemi zootecnici;
6. Modelli di gestione per promuovere la sostenibilità e la resilienza dei sistemi agricoli;
7. Modelli integrati per lo sviluppo delle aree marginali per promuovere sistemi produttivi multifunzionali che valorizzino la sostenibilità agroecologica e socioeconomica;
8. Nuovi modelli di economia circolare in agricoltura attraverso la valorizzazione e il riciclo dei rifiuti;
9. Nuove tecnologie e metodologie per la tracciabilità, la qualità, la sicurezza, misurazioni e certificazioni per valorizzare e tutelare la tipicità nelle filiere agroalimentari.

Ogni spoke dispone di una rete di ricercatori e di centri di ricerca universitari. Dall’adattamento climatico alla riduzione dell’utilizzo dei fitofarmaci in agricoltura. Il Centro Nazionale Agritech da questo punto di vista è un hub che si occupa di management, training e trasferimento tecnologico. E dispone anche di un acceleratore della formazione in azienda, mediante il quale vengono preparati 40 studenti l’anno, proprio con la missione di aiutare le imprese agricole a prepararsi alle prossime novità.

A questo punto si sono susseguiti gli interventi dei coordinatori dei vari filoni di ricerca.

Giorgia Batelli, dell’Istituto di Bioscienze e Biorisorse del Consiglio Nazionale delle Ricerche, ha parlato del tema “Risorse genetiche e adattamento ai cambiamenti climatici” argomento dello spoke 1. La ricercatrice ha spiegato che le risorse non sono solo individuate tra le specie coltivate o allevate, ma anche tra quelle potenzialmente coltivabili o allevabili e che possano rappresentare in futuro una risorsa. E ricordando come l’Italia sia un “vero e proprio hot spot di biodiversità” ha descritto le attività di ricerca in essere. Si va dalla caratterizzazione delle risorse allo sviluppo di nuovi genotipi. Con gli obiettivi di sviluppare maggiore resilienza agli stress biotici e abiotici e ottenere una riduzione dell’impatto ambientale dell’attività agricola e zootecnica.

Al centro della ricerca alcune filiere importantissime per il Paese: cereali, pomodoro, piante arboree da frutto, microrganismi ed essenze forestali, animali di interesse zootecnico più comuni, incluso il bufalo. Vengono studiati resa ed efficienza produttiva, tempo di fioritura. Altro obiettivo è la costituzione di pangenomi. Con studi effettuati mediante la genomica – la scienza che osserva la mutevolezza delle espressioni del Dna – si punta alla identificazione delle interazioni tra microorganismi e piante, con l’obiettivo di mettere a punto nuovi metodi di tracciamento delle produzioni e trovare anche soluzioni per marcare le innovazioni varietali, anche ottenibili mediante le Tecniche di Evoluzione Assistita, in modo da renderne certa e difendibile la proprietà intellettuale.

Francesco Pennacchio, dell’Università di Napoli Federico II, è intervenuto su “Riduzione dell’uso di agrofarmaci in agricoltura”, tema dello spoke 2. Il docente ha ricordato l’importanza della biodiversità e dei servizi ecosistemici resi all’ambiente, portando l’esempio degli insetti utili: assicurano un controllo biologico naturale di talune patologie o infestazioni di altri insetti patogeni, sono spesso autori dell’impollinazione, intervengono nei cicli di gestione dei nutrienti nel suolo, motivo per il quale gli insetti utili vanno tutelati.

Ovviamente vanno incrementati gli strumenti alternativi per accrescere la resilienza degli ecoagrosistemi. Questo filone di ricerca punta a valutare il ruolo di diverse strategie di gestione degli agroecosistemi e comprendere le ricadute sull’ecosistema circ