La storia che vogliamo raccontare oggi non ha avuto inizio il 17 settembre del 2013, data dell’uscita di Grand Theft Auto 5, ma molto più indietro lungo il viale dei ricordi, in un momento imprecisato del 2002, quando Leslie Benzies si convinse che il successivo titolo prodotto dalla casa avrebbe dovuto “rivoluzionare la formula open world e i valori produttivi dell’intero mondo dei videogiochi”.
Reduce dalla pubblicazione della crime story ambientata in quel di Vice City, il team di programmatori guidato dai fratelli Dan e Sam Houser – una squadra che ha sempre avuto vita tutt’altro che facile – poté contare su un anno e nove mesi per dedicarsi alla costruzione del capitolo di GTA che avrebbe calato il sipario sulla sesta generazione di console.
Aaron Garbut, oggi capo dello studio di Rockstar Games, era fortemente convinto di poter realizzare un’intera contea – quella di San Andreas – mettendo in scena tre diverse metropoli tematiche e cingendole in un mondo aperto capace di dimostrarsi profondamente caratterizzato. Non solo: voleva anche integrare una componente da gioco di ruolo, consentendo agli appassionati di personalizzare l’aspetto del protagonista, di visitare i ristoranti della regione, di recarsi in palestra, di guidare oltre 200 veicoli differenti, insomma, di svolgere tutta una serie di attività solitamente aliene all’essenza della serie.
Se vi state chiedendo come mai siamo finiti a narrare la vicenda di Grand Theft Auto: San Andreas, è perché l’esordio della città di Los Santos ha mutato irrimediabilmente le sorti della compagnia, oltre che quella di tutti i suoi lavori successivi. Gli ultimi dati ufficiali, risalenti al 2011, raccontano un’opera capace di piazzare 27,5 milioni di copie e di imporsi quale leader nelle classifiche di PlayStation 2, inaugurando di fatto un’era di metriche molto distanti dai precedenti standard del mercato. La sua eredità, d’altra parte, si è trasformata in un macigno così pesante da stravolgere il volto di Rockstar, portando da un lato straordinari successi e dall’altro la disgregazione dell’originale nucleo creativo.
Tornando nei confini di una banale – per quanto bellissima – metropoli, i giocatori si sarebbero sentiti come uccelli rimessi in gabbia dopo aver assaporato la vera libertà. Ed è proprio quello che è successo in fase di approccio a GTA IV, opera che, nonostante la sensazionale architettura tecnica, ha trasmesso un sapore dolceamaro agli appassionati, ormai abituati a esplorare orizzonti decisamente più ampi. Quel che non potevano immaginare, è che di lì a breve gli Studios di Rockstar avrebbero sfornato una versione rinnovata della regione circostante Los Santos, un mondo virtuale che si sarebbe trasformato nel singolo prodotto d’intrattenimento – comprese l’industria del cinema e quella della musica – più redditizio in circolazione. Cinque anni più tardi, il 17 settembre del 2023, è stato infatti pubblicato quel Grand Theft Auto 5 che oggi compie dieci anni, un gioco che ha scavato un solco profondissimo nell’evoluzione del medium.
Ancora oggi, a dieci anni di distanza dalla pubblicazione, non esiste un videogioco con ambientazione cittadina capace di replicare la profondità della resa di Rockstar. Le reazioni, routine e situazioni emergenti all’interno del mondo aperto di GTA 5 sono senza paragoni. I passanti si fermano a scattare foto delle auto di lusso, rispondono agli input, modificano le proprie routine persino quando alla guida nel tentativo di reagire alle azioni del giocatore; gang come quelle dei Vagos e dei Families presidiano le zone loro designate in maniera convincente, eventi contestuali si susseguono di continuo, mentre persino il comportamento delle forze dell’ordine è stato recentemente chiamato in causa per dar vita a confronti impietosi.
La produzione di Grand Theft Auto VI ha visto all’opera oltre 1000 sviluppatori collocati ai quattro angoli del mondo, cementando l’esistenza di una variante estesa dei “Rockstar Studios”, l’enorme agglomerato che avrebbe dato i natali a Red Dead Redemption 2. Furono investiti un totale di oltre 265 milioni di dollari, rendendolo di fatto il videogioco più costoso mai realizzato fino a quel momento, e il team dovette lavorare alacremente sul RAGE – ovvero il Rockstar Advanced Game Engine – e sulla fisica dell’Euphoria per raggiungere i più ambiziosi degli obiettivi fissati dalla leadership. Uno di questi era senza dubbio la possibilità di cambiare in qualsiasi momento fra i punti di vista dei tre protagonisti.