Scienza bizzarra: gli IgNobel del 2023

Siamo arrivati alla trentatreesima edizione. Non possono vantare la storia e il pregio dei Nobel, ma di sicuro anche loro, gli IgNobel sono destinati a una certa popolarità. Il motto rimane sempre quello: la scienza che prima fa ridere e poi pensare.

Bizzarro è tutto quello che ruota intorno ai popolari premi che precedono di qualche giorno i Nobel. Quest’anno, durante la cerimonia ci sono state interessanti lecture da parte di esperti e ricercatori della durata di 24 secondi e di 7 parole.

Ma a tener banco durante la cerimonia dell’Annals of Improbable Research ideata da Marc Abrahams e sono stati, soprattutto, loro, i premi.

Jan Zalasiewicz arriva dalla University of Leicester, nel Regno Unito, e si incassa il premio per Polonia e Regno Unito per aver spiegato sapientemente “perché ai geologi piace leccare le rocce”. Raccontava infatti egli stesso nel 2017 in un articolo dal titolo abbastanza eloquente (Eating fossils) come leccare le rocce – ma all’occasione anche bruciarle, bollirle – fosse una parte, forse un po’ datata e non esente da rischi, di un vecchio modo di fare ricerca, uno strumento analitico scrive. Zalasiewicz ricorda come leccare una roccia consenta subito di vedere in maniera più chiara di cosa è fatta, mettendone in luce le caratteristiche, magari anche assaporandola.

Premio internazionale per la letteratura, con Chris Moulin, Nicole Bell, Merita Turunen, Arina Baharin, e Akira O’Connor che se lo aggiudicano con la seguente motivazione: “per lo studio delle sensazioni che le persone provano quando ripetono una sola parola molte, molte, molte, molte, molte, molte, molte volte”. Questo team franco-malesiano-britannico-finlandese ha infatti studiato le sensazione di alcuni partecipanti chiamati a scrivere e riscrivere determinate parole, fino al punto da trovarle strane, come mai viste o sentite (in un fenomeno chiamato, in contrapposizione al déjà vu, come jamais vu, a indicare la sensazione di estraneità di qualcosa di noto però).

Si premia la necrobiotica, sì avete capito bene: come suggerisce il nome è una branca della robotica (se così potremmo dire) che utilizza parti morti di animali. In questo caso ragni: il team di Te Faye Yap, Zhen Liu, Anoop Rajappan, Trevor Shimokusu, e Daniel Preston, che arriva da India, Cina, Malesia, e Usa, si è aggiudicato il premio per aver “rianimato ragni morti come strumenti meccanici da presa”.

Un unico vincitore in questa categoria è il sudcoreano Seung-min Park della Stanford University School of Medicine, premiato per lavorare da anni alla messa a punto di un wc da far impallidire i famosissimi wc tecnologi giapponesi.

Ci sono persone capaci di parlare al contrario, leggendo le parole dalla coda alla testa. Sono casi senza dubbio particolari, e possono diventare oggetto di studio. Lo sono stati: il team premiato nella sezione comunicazione degli IgNobel ha infatti studiato le caratteristiche neurocognitive di due persone capaci di pronunciare le parole leggendo i fonemi al contrario.

Il bello degli IgNobel è che permettono di rispondere a domande che non ci saremmo forse mai fatti. Per dirne una, il numero dei peli del naso nelle narici è lo stesso? Christine Pham, Bobak Hedayati, Kiana Hashemi, Ella Csuka, Tiana Mamaghani, Margit Juhasz, Jamie Wikenheiser, e Natasha Mesinkovska sono stati premiati proprio per aver risposto a questa annosa questione, conducendo un’analisi sui cadaveri. A quanto pare sì, o meglio quasi: in media ce ne sono 120 a sinistra e 122 a destra.

Non fate mai quello che Homei Miyashita e Hiromi Nakamura proponevano ormai diversi anni fa. Il lavoro ripescato per la sezione nutrizione quest’anno agli IgNobel arriva direttamente dal 2011 ed esplora il mondo del gusto aumentato grazie all’elettricità.