I taxi in Italia sono stati in sciopero per giorni. E Uber ride. Perché aumenta il proprio fatturato. Lo dimostra un grafico che certifica la crescita nel download dell’app “nemica” delle auto bianche. Perché se non viene garantito un servizio i clienti si spostano altrove. Con buona pace del mercato, delle licenze, del diritto di sciopero e del guadagno. Dopo la sospensione della protesta a seguito di un accordo con il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti restano, letteralmente, solo i detriti di una vicenda che andava gestita meglio.

I taxi sono rimasti in sciopero per sei giorni. L’ultimo di questi ha portato a scontri con la polizia e con altri manifestanti. Non sono mancati lanci di uova all’indirizzo di vetture NCC, saluti romani, risse con tirapugni. Tutto a causa dell’emendamento nel decreto Milleproroghe che rimandava di un anno le normative circa il riordino del sistema del trasporto pubblico. E tutto si è concluso con l’impegno del ministro Graziano Delrio alla proposta di due decreti che portino al riordino del settore e alla lotta all’abusivismo.

TAXI IN SCIOPERO CONTRO UBER E IL GOVERNO: UNA RIFLESSIONE
Detto che non tocca a noi stabilire se le proteste sono giuste o sbagliate appare evidente come sia necessario fare ordine. Invece è opportuna una riflessione. Perché lo Stato chiede una licenza ai taxi? Non basterebbero delle semplici autorizzazioni garantite dal Comune di residenza? Nel 2014 l’istituto Bruno Leoni si è posto questa domanda partendo dalla legge quadro 21/1992 in cui si stabilisce che le licenze di servizio vengono rilasciate dai Comuni attraverso un bando. La Cassazione nel 2008 e il Tar della Toscana nel 2011 hanno snaturato la natura non pubblica del servizio Taxi.
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QUELLO DEI TAXI UN SERVIZIO D’INTERESSE PUBBLICO?
A proposito della sentenza del Tar della Toscana, appare evidente che il “servizio pubblico dei taxi” non sembra tale per la giurisprudenza:
Con particolare riferimento al servizio di auto pubbliche da piazza (su cui vedi art. 57, comma 1, n. 2, lettera a), del D.P.R. n. 393 citato), una peraltro risalente giurisprudenza ha affermato che esso, “nonostante l’evidente impropria qualificazione di servizio pubblico dovuta al linguaggio corrente”, costituisce attività già compresa nella naturale capacità e libertà dei privati, anche se assoggettabile a disciplina da parte della Pubblica Amministrazione, consistente nel rilascio di apposite licenze (C.d.S., Sezione V, 11.03.1966, n. 430). Così individuata la nozione di servizio pubblico, ad essa non sembra riconducibile il servizio di taxi oggetto della controversia in esame: ed invero, nel caso di specie ci si trova dinanzi ad un’attività di trasporto individuale di persone, imperniata sul rapporto negoziale che si instaura con il cliente, di stampo prettamente privatistico, ancorché assoggettata ad un regime fortemente regolamentato. In contrario, non vale la circostanza dell’attivazione di una procedura concorsuale per l’assegnazione delle licenze, trattandosi del sintomo di un contingentamento dell’attività, non incompatibile, di per sé, con la natura prettamente privatistica dell’attività stessa. Vero è che l’art. 1, comma 2, lettera a), della L. n. 21/1992 include il servizio di taxi con autovettura tra gli autoservizi pubblici non di linea: nondimeno, lo strumento attraverso cui, anche nella fattispecie in esame, si perviene all’affidamento del servizio de quo è quello dell’autorizzazione o licenza (vedi, da ultimo, l’art. 6 del D.L. n. 223/2006, convertito con L. n. 248/2006) e non quello della concessione, come, invece, dovrebbe essere – secondo quanto si è ricordato poc’anzi – se ci si trovasse davanti ad un pubblico servizio (il cui affidamento a privati avviene mediante lo strumento concessorio). Né tale questione è meramente nominalistica, giacché, come evidenziato dalla giurisprudenza di legittimità con riferimento proprio al servizio di taxi, il fatto che non si verta in materia di attività in regime di concessione porta a concludere che si tratta non dell’esercizio di un pubblico servizio, ma di un’attività di pubblico interesse
QUANTO COSTA UNA LICENZA TAXI?
Si tratterebbe quindi di un’attività di pubblico interesse. Allora perché le città vengono bloccate? In fondo è imprenditoria privata nonostante ci sia una licenza acquistata da un Comune che la mette a bando. Il Comune di Milano sul suo sito internet ha una pagina dedicata a coloro che si chiedono: “Come si fa a diventare tassisti”? Tra le tante condizioni poste sono due quelle che saltano all’occhio:
- Acquistare la licenza tramite concorso
- Acquistare la licenza da un tassista che la cede
Ora parliamo di denaro. Quanto costa una licenza taxi? Sul web si trova una stima di massima circa quello che potrebbe costare avere un taxi in quel di Roma:
- Il costo della licenza va dai 180.000 ai 200.000 euro
- I costi di gestioni complessivi potrebbero sfiorare i 2.000 euro mese
- Il ricavo è di circa 4.000 euro mese
- Turnazione di 7 ore e 30 minuti, estendibili di un ora.
- Tariffa minima 2,33 euro.
QUANTO COSTA UN’AUTORIZZAZIONE O LICENZA NCC?
Appare evidente che un tassista riesce a rientrare della spesa solo dopo circa 15 anni. E questo giustifica la rabbia. Ma qui nasce una seconda domanda. Anche le vetture NCC hanno l’obbligo di una licenza rilasciata dal Comune. O meglio, parliamo di un’autorizzazione. E quando costa una licenza NCC? Secondo quanto riportato da Rent Catania le licenze sono stabilite da ogni singolo comune. Inoltre, a differenza dei taxi, le autovetture NCC devono aspettare i clienti in rimesse autorizzate. Il costo di una licenza a Milano può raggiungere i 75.000 euro.
LICENZE TAXI, COME FUNZIONA IL SISTEMA?
Appare quindi evidente che c’è un problema che esula dalla semplice automazione. L’Istituto Bruno Leoni evoca le diverse posizioni. Per un tassista è meglio avere una restrizione dell’offerta mentre per un cliente è vantaggioso aprire in nome della concorrenza. Ma allora perché il legislatore pianifica le licenze e, sopratutto, non apre a un sistema di concessioni? Il Comune, continua l’Istituto Bruno Leoni, non ha a disposizione tutte le informazioni necessarie per capire se un servizio è sostenibile o se necessita di un miglioramento. Di contro con il sistema delle licenze il Comune è garante dell’affidabilità sia dell’autista sia della vettura.
LICENZE TAXI: IL MERCATO HA DECISO, MEGLIO CAMBIARE
Il compito del legislatore è quello di stabilire un meccanismo che non sia penalizzante per i taxi ma che allo stesso tempo non distorca la concorrenza. Da parte dei tassisti invece sarebbe più opportuno cercare di ragionare in un’ottica di riduzione delle licenze o di una loro eliminazione con restituzione del denaro in cambio di un’autorizzazione. Gli scioperi e i conseguenti atti di violenza hanno come unico risultato quello di spostare la clientela altrove. Incidentalmente il beneficiario è il nemico, Uber, che ci guadagna in pubblicità e commissioni. Perché da un lato è giusto ribadire i propri diritti ma dall’altro è necessario ricordare che senza clienti non si lavora. Allo stesso tempo il Governo deve decidere una volta per tutte salvaguardando i tassisti e proteggendo gli autisti NCC.



